domenica 4 novembre 2012

Aveva...

Aveva una voce che oggi non ricordo...

Aveva mani di carta che parlavano quando si muovevano. Le guardavo con rispetto. Erano mani importanti.
Nella tasca destra della giacca aveva sempre una caramella avvolta in un pacchettino con le alette a punta. L'involucro è azzurrino e sbiadito: la caramella era una di quelle quadrate, color miele, concave al centro. Sapevano di rabarbaro. Anche se a me non piacevano mi incantava il modo in cui le conservava.
Nell'altra tasca aveva sempre una o due monete da cinquecento lire.

Durante la settimana portava le scarpe consumate perché quelle "belle" le usava per la domenica assieme al vestito grigio sistemato nell'armadio assieme alle brioche che la nonna ci nascondeva.
La cravatta annodata con cura.

Ricordo il suo sedersi stanco sui primi gradini della scala interna alla casa.
Il suo riprendere fiato appoggiato al muro. 
Aveva i piedi molto gonfi quando s'è ammalato.
Portava una salopette larga e blu scuro,stropicciata... da idraulico.
Aveva addosso quell'odore di canapa e pece perché aveva sempre appena finito un lavoretto.

Aveva una voce... ma non riesco a ricordarla.

Castagne: le raccoglievamo sempre insieme quando s'affacciava l'autunno e le giornate si accorciavano.
Aveva gli scarponi sempre sporchi quando si facevano le passeggiate tra i boschi. Quei boschi fatti di rami e tronchi troppo alti per tutti. C'era muschio, vento, polmoni di foglie rosse ai piedi di radici annodate e il profumo della terra bagnata. Intenso e penetrante.
C'erano le nocciole ancora acerbe, dalla barbetta verde e bianca assaggiate da noi piccole per ingordigia. E c'erano le pietre fredde sulle quali fermarsi a mangiare un panino.
Mi piaceva il modo in cui camminava, di come i suoi piedi schiacciavano sicuri il suolo.
Anche io ero sicura, anzi, sicurissima.
Aveva la calma di calpestare i kilometri e la sera di sgranare caldarroste cotte dalla stufa rovente. Mentre le bucce inciampavano tra loro rotolando nelle fughe del pavimento in legno della vecchia cucina di montagna. Facevano un rumore come di dadi lanciati.

Aveva l'idea di gustare il buon gelato. Lo si comprava la domenica dopo messa... i miei occhi erano più grandi della mia pancia e dalla vetrinetta dell'espositore facevo avanti e indietro indecisa, guardando i gusti colorati ammorbiditi e congelati in vasche di metallo ghiacciato.

Si alzava all'alba e aveva sempre qualcosa da fare tra il pollaio e l'orto di casa.
Fare la spesa era: comprare le bolle di sapone che soffiavamo ai giardini.
Aveva la pazienza di pulire le verdure per farci il minestrone. Sapeva cucinare con il sapore: quello del sole.
Ricordo il profumo fin dalla strada e il sapore ancora sotto la lingua.
Aveva un'aria da Re buono quando si sedeva a capotavola.

Aveva un suono la sua voce. lo sto ancora cercando.






Nessun commento:

Posta un commento