Cosa accade quando sposti un "accento"?
Un accento che trovi su una parola, un'inflessione di un dialetto (anche questo possiamo definirlo accento). Oppure un episodio fra i tanti della giornata.
È successo stamattina, così, senza preavviso con una telefonata di una amica:
'Ciao, come stai?... senti mi ha contattata un'agenzia funebre, io non ce la faccio ad andare, tu...vai tu al mio posto. Se riesci...'
Mi ha spiegato perché non riusciva ad andare... Perché sarebbe stata bianca davanti a lei e Andrea aveva solo otto anni. Solo otto.
Non ho forza per rispondere. Freno i pensieri. Rimango a fissare un vetro della finestra che solo adesso mi rendo conto, non è trasparente come dovrebbe essere perché è sporco. Ha bisogno di essere pulito. Devo ricordarmi di lavarlo.
Domani.
Mi sento inadeguata.
La mia faccia la vedo riflessa nello specchio che ho in camera, e mi fisso mentre tengo il cellulare in una mano. Nessuno direbbe che ho una bella cera. Eppure rispondo:
'Andrò, anche se non sono sicura di riuscire a cantare'
Contatto chi dovrà suonare uno strumento assieme a me.
Verrà, ha detto che verrà. Lo aspetterò come da accordi e poi raggiungeremo il posto.
Ho aperto l'armadio, spostato gli abiti. Ho cercato proprio quello. Quel tubino che fa tanto signora composta e solo ora mi rendo conto che non lo ho più...cerco tra gli altri e faccio confusione.
Passano una manciata di minuti quando mi richiamano dall'agenzia annullando tutto. Non desiderano canti i familiari. Li capisco.
Spesso nel mio mestiere gli eventi possono richiedere la tua presenza e poi per varie ragioni annullarsi in un attimo. Quindi lo accetto senza problemi e riattacco.
Provo a contattare il mio amico-organista che sarebbe dovuto scendere da Milano ma non risponde al cellulare così gli lascio un messaggio in segreteria. Peccato. Non l'avrebbe sentito. Così arriva fino qui, (poraccio tutta sta strada per niente). Quando ci sentiamo, mi dispiace tanto che non voglio lasciarlo andare via così...allora gli dico:
'Senti...vieni da noi non ti preoccupare, mangi qualcosa e poi rientri a casa. Dai, ti aspettiamo!'
Mi sento pronta ad accogliere un ospite a sorpresa.
La mia tovaglia ha i fiori dal profilo colorato. I miei piatti sono gialli a cerchi concentrici e i bicchieri di vetro grosso, azzurri opachi perché consumati. Noi abbiamo appena finito di pranzare ma lo aspettiamo per la frutta e così siamo tutti a tavola.
Una volta a tavola si ride e si scherza...ci si avvicina al piano e si canta un po'.
Mi sento emozionata davanti al direttore d'orchestra.
Nel pomeriggio sono una persona nuova, mi preparo e vado alla seconda prova di sala che mi aspetta per Traviata e Trovatore. Poi con tutto il coro ci spostiamo in teatro dove ci aspetta il direttore d'orchestra: è un omone buono dal sorriso felice e quando dirige senza bacchetta disegna nell'aria con le sue mani grandi e affusolate. Le sue mani sembra che cantino. Noi lo seguiamo.
Poi si ferma e suggerisce gli accenti voluti dal compositore. Magicamente tutto cambia: la resa corale è diversa, migliore, viva.
Mi ha sorpreso, teneramente, quando durante l'esecuzione il direttore si è fermato perché la sirena troppo forte di un'ambulanza zittiva ogni altro suono. Così ho visto le sue mani chiudersi una sull'altra. Rimanere conserte. E i suoi occhi abbassarsi.
'poveretto' ha detto infine rivolgendosi all'eco della sirena. Poi riprende a dirigere sempre con le mani gli accenti importanti.
'bisogna esaltare con intenzione gli accenti scritti dall'autore, altrimenti tutto risulta uguale, piatto, senza significato' ha detto terminando la prova con grande soddisfazione da parte sua e anche da parte nostra.
Stasera, anche se ho il berretto di lana e la sciarpa, non fa freddo. Sembra quasi Aprile.
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