Oltre ad essere stata la serie tv da me stra-amata, Sandokan è stato anche un mio grande amico e maestro di vita; uno di quegli amori teneri e trasparenti, come l'acqua.
Succedeva nell'estate del 90'.
Quando a luglio l'erba è fresca e luminosa e tu ancora in pigiama hai voglia di scendere in cortile a giocare.
Quell'estate si partiva in autobus con i Centri Rousseau per una località marina non troppo lontana dalle città.
Una di quelle zone che vanno bene per tutti, dove i genitori sono tranquilli a raggiungerti in tempo se ti spacchi la testa negli scogli.
Partivo con mia sorella e con tanta voglia di conoscere e vedere gente nuova.
Mentre sul pullman si faceva l'appello io giravo la testa e strizzavo gli occhi per l'abbaglio di luce che veniva dal vetro del finestrino.
Già mi immaginavo a... scambiare figurine coi miei futuri migliori amici... mentre l'alone dei pensieri si confondeva rapido al di là del vetro mi chiamano all'appello: 'Presenteeee!'
Quindi stavamo partendo.
Eravamo in molti a condividere esperienze dentro una manciata di settimane sotto immense pinete poco distanti dal mare.
In tende si stava in quattro su due letti a castello, mentre le valigie riposavano sui teli, lì, dove dovevano stare: per terra.
Ci nutrivamo di pranzi semplici in una pagoda. Immensa. Fatta di bamboo e risate (quelle che ti fanno venire il mal di pancia e poi non ti ricordi più il motivo del perché ridevi)
Avevamo a disposizione pochi giochi divertentissimi e semplicissimi: come materassoni ad acqua, palloni Super Tele e ruote giganti appese ai rami di alberi altissimi.
Tutto era "issimo" perché io avevo dieci anni.
C'era il sole.
E come ogni colonia che si conosca erano presenti anche gli educatori e qui ogni dieci bambini ne toccava uno.
Il nostro era un'alternativo figlio dei fiori a mo' di Mauro Corona e quando l'ho visto...
'Porca vacca ma questo è SANDOKAN!'
Sì, è stata la prima mia impressione ad alta voce.
'Salve ragazzi, allora forza! Andiamo a conoscerci assieme a tutti altri' |
Giuro che era proprio come Kabir Bedi e il suo carisma lo rendeva ancora più selvaggio.
Praticamente seguiva il sole, nel senso che s'alzava all'alba e organizzava la giornata per noi con gli altri educatori.
Già, gli giravo attorno come un gatto e studiavo ogni sua mossa.
Le attività che proponeva nascevano dalla sua immaginazione e dalla sua esperienza di educatore.
Era bravo, il mio guru.
Figo!
Eravamo giovani marmotte a caccia di bamboo, pigne e pinoli.
Il bamboo diventava lo scheletro dei nostri aquiloni, e poi... una sera abbiamo preparato il drago cinese!!!
Lui organizzava le ombre cinesi (sì... il leitmotive era la Cina) in un piccolo teatrino (rigorosamente fai da te) di un metro per uno mentre cinquantanove ragazzi attendevano seduti nel buio storie fantastiche prendere vita, dalle sue mani.
Siccome la mia natura è sostanzialmente quella di essere una rompipalle (soprattutto quando mi interesso a qualcosa) succedeva (porello lui) che gli stavo appiccicata come una cozza e probabilmente... si chiedeva che farsene di me quindi era costretto a coinvolgermi in teatro a fare ombre cinesi: io avevo il compito anche di ruggire. Non ridete, ero una pantera fantastica! (spaventavo i ragni e i topolini)
Insomma eravamo un duo da palcoscenico.
Rientrati dalle vacanze estive non potevo non conoscere dove e come vivesse e così un giorno venne a trovarmi nel negozio di mia zia, con la sua bambina Lucrezia, e mi invitò a casa sua a mangiare il minestrone.
Ora.
La sua casa era alternativissima: niente tv (solo radio) le pareti erano dipinte dalle sue stesse mani...ops! ho sbagliato, non volevo dire dipinte ma affrescate.
Sì perché sui soffitti si allargavano cieli azzurri e liberi gabbiani; le pareti sprofondavano in un fitto fogliame disegnato con cura; le porte moderne erano state rimpiazzate da mercati di città famose intagliati nel legno.
Nelle stanze da letto il materasso era circolare, per l'esattezza un enorme punto rosso, che si affacciava sul mare di Capri, ops! ( era un affresco pure questo :)
Libri, fogli di ogni dimensione ovunque, sonagli in legno, scacciapensieri e acchiappa-sogni incorniciavano i muri... mentre strumenti musicali creati da lui stesso arredavano le stanze.
Tutte le stanze. Anche lo sgabuzzino.
Era incredibile come nulla riuscisse a passare inosservato.
Amava ogni tipo di suono, sia che esso provenisse dalla natura o dalla mente dell'uomo.
Sandokan giocava ad imparare anche a 40anni.
Driblava con successo molti problemi quotidiani e non si fermava ad ammirare le critiche negative.
Che figo che era... ma non perché fosse bello fisicamente ma nell'animo!
Col tempo non lo vidi più... mi dissero che s'era ammalato e poi partì.
Ma quello che più conta ora è ciò che mi ha lasciato e se in quello che vedo riesco a trarne un qualcosa di magico, beh... in parte, in gran parte, è grazie a lui.
Io so che nella mia mente creativa lui rimarrà forte e immortale, perché Lui... è Sandokan!
cara Francesca, chi non ha amato follemente questa serie (almeno, alla nostra età...) e chi non si è immedesimata nei panni della bella Perla di Labuan?... Eh, bei tempi, ma che ci fanno ancora sognare ad occhi aperti!
RispondiEliminaBaci
Elli
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